Urano e Nettuno: giganti ghiacciati o rocciosi?

2 ore fa 1

La nostra idea sull'interno dei pianeti più lontani del Sistema Solare potrebbe essere sbagliata. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Zurigo e del centro svizzero NCCR PlanetS ha sviluppato nuovi modelli che mettono in discussione la tradizionale classificazione di Urano e Nettuno come "giganti di ghiaccio": al loro interno, spiegano gli studiosi, potrebbe esserci molta più roccia e molta meno acqua di quanto si sia sempre pensato.

Lo studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, non pretende di definire con certezza la composizione dei due pianeti, ma mostra che non è affatto obbligatorio immaginarli come mondi dominati dal ghiaccio. Una conclusione che si accorda anche con ciò che sappiamo su altri oggetti lontani, come Plutone, risultato sorprendentemente ricco di materiale roccioso.

Pianeti ancora da capire. Due pianeti estremi e ancora poco conosciuti Urano e Nettuno sono i più lontani dal Sole: Urano orbita a circa 2,9 miliardi di km dalla Terra (in media). Ha un diametro di circa 50.700 km, mentre Nettuno si trova ancora più lontano, a 4,3 miliardi di km dal nostro pianeta, e ha un diametro di circa 49.200 km.

Entrambi vengono tradizionalmente etichettati come "giganti di ghiaccio", in contrasto con i giganti gassosi Giove e Saturno. Ma questa distinzione, secondo i ricercatori svizzeri, sarebbe troppo semplicistica.

«La classificazione dei giganti di ghiaccio è eccessivamente semplificata», spiega Luca Morf, dottorando dell'Università di Zurigo e primo autore dello studio. «Urano e Nettuno restano pianeti molto poco compresi».

Un nuovo modello. Finora i ricercatori hanno utilizzato due approcci diversi: modelli fisici, accurati ma che portano a troppe domande a cui dare risposte; modelli empirici, semplici ma poco completi e troppo distanti dalla realtà. Il nuovo metodo sviluppato dalla squadra svizzera combina per la prima volta i punti di forza di entrambi, creando un modello "agnostico", cioè senza preconcetti sulla composizione interna.

Come funziona? I ricercatori sono partiti da una densità interna casuale, senza dare per scontato che ci sia ghiaccio. Poi hanno calcolato il campo gravitazionale compatibile con i dati osservativi. Da queste informazioni hanno ricavato una possibile composizione. L'intero processo però, è stato ripetuto migliaia di volte finché il modello non è coinciso al meglio con le misure reali.

Il risultato? Un ventaglio completamente nuovo di possibilità. «È un'idea che avevamo proposto già 15 anni fa», racconta Ravit Helled, professoressa dell'Università di Zurigo e coordinatrice del progetto.

«Ora abbiamo finalmente gli strumenti numerici per dimostrare che Urano e Nettuno potrebbero essere ricchi di acqua… ma anche di rocce». I ricercatori tuttavia, non si sono spinti a definire la possibile struttura interna con i diametri dei possibili livelli rocciosi e/o ghiacciati, perché i parametri sono ancora troppo labili.

Campi magnetici "pazzi". Una delle caratteristiche più enigmatiche dei due pianeti è il campo magnetico, completamente diverso da quello terrestre. Sulla Terra i poli magnetici sono due e ben definiti; su Urano e Nettuno, invece, la dinamo interna produce campi irregolari, inclinati, con più poli.

I nuovi modelli suggeriscono la presenza di strati di "acqua ionica" – acqua compressa a pressioni e temperature estreme, capace di condurre elettricità – che genererebbero dinamo magnetiche in zone insolite. Inoltre, secondo i ricercatori, il campo magnetico di Urano avrebbe origine più in profondità rispetto a quello di Nettuno.

nuove missioni. Nonostante i risultati siano promettenti, restano margini di incertezza. «Non conosciamo ancora bene il comportamento dei materiali nelle condizioni estreme del cuore di un pianeta», spiega Morf. «Questo potrebbe influenzare i risultati, e per questo dovremo migliorare i modelli».

Una cosa però è chiara: le osservazioni disponibili oggi non sono sufficienti per dire se Urano e Nettuno siano davvero giganti di ghiaccio o, in parte, giganti rocciosi. Per scoprirlo servirebbero nuove sonde, come già avvenuto per Giove con la missione Juno o per Saturno con la missione Cassini e le future missioni dedicate. «Abbiamo bisogno di missioni su Urano e Nettuno che possano rivelare la loro vera natura», conclude Helled.

Fotogallery Albe e tramonti alieni

Leggi l’intero articolo