Legge elettorale, in campo i presidenti delle Camere

9 ore fa 2

Cambiarla o non cambiarla. Oltre al come, e se intrecciarla con un nuovo assetto istituzionale. La legge elettorale anima il dibattito nel centrodestra man mano che si avvicina la fine della legislatura. E ora chiama in causa anche i presidenti di Camera e Senato. Con visioni diverse, se non opposte sul "se", ma entrambi convinti della necessità di una maggioranza chiara e solida.

Per Lorenzo Fontana, la superstizione rema contro. E sull'ipotesi di cambiarla risponde misurando le parole: "La dico con una battuta, per scaramanzia io eviterei", visto che "chi l'ha cambiata, poi non mi sembra che gli sia andata particolarmente bene". Lo dice incontrando la stampa parlamentare a Montecitorio nel tradizionale scambio di auguri. Probabilmente per il suo ruolo, preferirebbe non entrare nel merito. Ma risponde e si appiglia all'ironia, chiosando: "Mi limito a questo". Non nega il vantaggio della stabilità ("è importante anche a livello internazionale") ma rivela che potrebbe restare tutto com'è. E forse fedele alla linea della Lega, a cui è iscritto, fa intendere che non è il caso di darsi la zappa sui piedi, visti i precedenti.

 Un'argomentazione che non piace a Ignazio La Russa. In serata, incalzato sulle parole di Fontana, ammette che il rischio di un boomerang esiste (che la legge elettorale non sempre premi chi la fa, l'aveva ammesso giorni fa), ma puntualizza un dovere che ha la seconda carica dello Stato. "Al presidente del Senato spetta l'obbligo di non usare, purtroppo o per fortuna, la scaramanzia e di non accelerare ma neanche di rallentare", rimarca. Insomma niente freni - sembra dire - ma nemmeno fughe in avanti. Rimanda ai partiti (sono loro che "devono interrogarsi e trovare risposte") e con garbo istituzionale, smonta l'idea che si debba aspettare la fine del referendum sulla giustizia per avviare il confronto su una proposta di legge: "I tempi ci sono, deciderà il Parlamento in autonomia. Sicuramente io ne sento parlare molto, quindi se devo fare un prognostico dico che se ne parlerà".

E ribadisce che "la capacità di ascolto sarà indispensabile". Del resto proprio al Senato nel pomeriggio un convegno celebra i 30 anni del Tatarellum, la legge elettorale regionale che fu firmata da Pinuccio Tatarella, nome storico di An. Al tavolo siedono, oltre a La Russa, il nipote di Tatarella, Fabrizio; l'ex presidente della Camera, Luciano Violante e il leader di Azione Carlo Calenda. Da Violante alcune proposte che La Russa definisce degne di "assoluta attenzione" come il ricorso al Parlamento in seduta comune in alcuni casi come il voto di fiducia, o la fiducia costruttiva. Calenda frena sul bipolarismo, mentre a spingere sul fatto che i tempi siano maturi per una nuova legge elettorale è apertamente Alberto Balboni, il meloniano che guida la commissione Affari costituzionali. "Soprattutto al Senato, per il sistema elettorale che ha e per la riduzione del numero dei parlamentari, se anche vinci alla fine la differenza è di un seggio - spiega il senatore - Quindi abbiamo una grandissima probabilità di arrivare a un pareggio, con la conseguenza che sarà inevitabile poi arrivare a una forma di compromesso".

L'unico dei leader di maggioranza a tornare sul tema è Maurizio Lupi. Il presidente di Noi moderati insiste sulla necessità di una nuova legge in nome della stabilità e per "ridare davvero il potere di scelta ai cittadini". Perciò dice sì a un sistema proporzionale basato sul modello delle Regioni che preveda le preferenze, l'indicazione del premier - elemento non gradito a tutti gli alleati - il listino e il premio di maggioranza, senza sbarramenti nelle coalizioni.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi l’intero articolo