Un'ora di risposte. E in più tre domande extra, anzi quattro, che accetta in extremis. Ignazio La Russa non si sottrae, ancora una volta, alla stampa parlamentare e nello scambio di auguri per Natale a Palazzo Madama, spazia dagli affari interni alla politica internazionale. Con la stessa energia il presidente del Senato ammette che continua a prendere "schiaffi" su un tema a lui carissimo come il sovraffollamento carceri, ma non molla. E così dopo il mini indulto natalizio che aveva lanciato nei giorni scorsi e bocciato dal governo, ridimensiona la battaglia ma ci riprova. "Allarghiamo i criteri per i domiciliari adesso, prima di Natale - propone - Aumentiamo il numero dei giudici di sorveglianza con norme temporanee e affidandoci ai magistrati onorari".
In serata, a chiudere ancora la porta dell'indulto, è il ministro della Giustizia. Ospite di Atreju, la festa di Fratelli d'Italia, Nordio conferma: "Trovo più ragionevole evitare che si entri in prigione prima del processo quando si è presunti innocenti più che liberarli, sia pure per indulgenza dopo la condanna, quando si è colpevoli e conclamati".
La seconda carica dello Stato, che non dimentica mai l'appartenenza storica al suo partito, insiste pure sulla guida della Lombardia e le mire dei meloniani: "Il problema non è che deve andare per forza a FdI, ma che nessuno può pretendere che non vada a FdI. Non si può cominciare a discutere dicendo di no". Insomma niente veti, in vista del 2028. Per il resto della cerimonia, il presidente sceglie toni concilianti. Che si guardi all'America di Donald Trump (di cui non condivide solo "la visione apodittica" tracciata nel documento sulla sicurezza) o al futuro dell'Europa, La Russa mostra fiducia. In particolare, sposa la linea di Giorgia Meloni sui rapporti tra Bruxelles e Washington che "vanno facilitati". Concorda con la premier che "non si può immaginare un'Europa che faccia la competizione cattiva con gli Usa. C'è bisogno di ponti, non di sbarramenti, ma di tentativi di trovare intese", scandisce.
E forte della sintonia tra Meloni e il tycoon, rimarca: "Il governo italiano più di altri può svolgere questo ruolo di mantenimento e attenuazione dei contrasti". Insiste sulla necessità delle intese, con le opposizioni, pure sulla legge elettorale (ed evoca le cene tra Sergio Mattarella e Pinuccio Tatarella, parlamentari e rivali ma sempre in cerca di "punti di contatto"). Smonta pure i distinguo tra la presidente del Consiglio e Matteo Salvini sull'Ucraina sulle armi a Kiev: "Se Salvini ha detto: 'Non tolgo soldi alla sanità per la guerra in Ucraina', la Meloni gli ha risposto: 'Stai tranquillo che non viene tolto un euro alla sanità' e così abbiamo risolto il problema". Il segreto del centrodestra - svela - è la capacità di "trovare sempre la sintesi". Oltre al rapporto personale "molto forte" tra Giorgia e Matteo. E che La Russa non vede tra i leader del campo largo ("Mi auguro che sia così anche nel centrosinistra, al più presto"). Quindi punzecchia Elly Schlein per il 'no' detto ad Atreju, dopo che Meloni aveva proposto un confronto allargato anche a Giuseppe Conte. Un errore, secondo La Russa ("Io avrei detto di sì"). Che rilancia e suggerisce alla leader Dem subito una riparazione: "Potrebbe invitare Meloni alla festa dell'Unità". Infine, anche se con un lunga perifrasi, assicura che "la vicenda Garofani è chiusa", archiviando il caso delle presunte trame del consigliere del Quirinale. E incrocia le dita perché la Manovra si approvi prima del 21 dicembre. Quel giorno in Aula c'è il concerto di Natale con Claudio Baglioni.
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